Benvenuti sul numero di lancio di Piegàmi, fresco fresco di esportazione! Su queste lande scribacchiate è possibile leggere in digitale i primi racconti brevi in assoluto della rivista e scaricarli in PDF per la stampa.
Oltre la tana di una volpe albina, l’editoriale vi accompagnerà nella scoperta della vera essenza di Piegàmi e vi inizierà alla pratica dei racconti in origami.
Pochi passi più in là, uno schedario apre le sue ali ai lettori più curiosi, con estratti per ammaliare e curiosità per stregare. E da lì, via libera a tutti per la tradizionale caccia al racconto più intrigante!
Da quando? Ma da quest’anno: download alla mano, trasferite tutto sul foglio di carta e… Piegàmi!
Le prime idee per la rivista Piegàmi hanno iniziato a sbocciare al tramonto di un lontanissimo 2019. Lontanissimo perché, tra l’uscita di questo Numero Zero e i primi passi del progetto, il tempo si è dilatato in modo esponenziale, tanti sono stati gli avvenimenti succedutisi come ciliegie in un cesto di vimini.
Tra i più disparati e improbabili eventi, è successa anche Lei, Piegàmi, la rivista che dichiara di non voler fare proprio nessuna piega: in quanto ai racconti brevi scelti, in quanto alla sua nascita nonostante il Grande Male, in quanto a impegno e serietà che la sua redazione doveva prometterle. Metaforicamente parlando, s’intende, ché letteralmente la storia è un’altra. E in questo editoriale ve la racconto, in breve, come richiede la politica del caso.
Ci fu un moderno e impavido Don Chisciotte, ci fu una chiamata alle armi cui rispose un gruppetto di altrettanti improbabili eroi e, tra le nubi dei dubbi più scuri, si tenne anche la battaglia più atroce per l’identità della promessa Rivista, per lungo tempo – ahimé! – innominata. Finché, un giorno, come la più bella delle sfide e la più coraggiosa delle scelte, Lei prese forma: la forma di… Qualsiasi cosa.
Piegàmi è una rivista di racconti brevi, di piccoli coriandoli, talvolta di eleganti ventagli e, occasionalmente, di maestosi aquiloni volanti.
In questo numero, sono a vostra disposizione levitazioni nell’alto dei cieli, se non addirittura del cosmo, cantilene esotiche e richiami di mondi sperduti e pure qualche lezione di tenacia e perseveranza. Per stemperare tutto e mantenere un equilibrio cosmico, bilanciamo con piccoli – piccolissimi, promesso – tocchi di funesti e tragici incidenti e naturali prosecuzioni educate verso l’aldilà.
A voi la scelta, a voi il percorso da seguire, a voi la fantasia. E dalla redazione, solo un infinito grazie per la fiducia in Piegàmi.
Giorgia ama cercare il fantastico tra le pieghe e Piegàmi era la rivista adatta per accogliere lei e il suo inedito racconto.
La pozzanghera, ovvero come farsi un giro nel cielo
Flavia guardò il ragazzino che si rimetteva in piedi sull’asfalto. Non lo aveva notato un attimo prima, nonostante il piumino rosso e i capelli del colore delle nuvole. Si avvicinò, la fermata dell’autobus era proprio lì accanto. Il piccolo correva intorno a una pozzanghera che ristagnava sul ciglio del marciapiede.
«Attento, ti bagnerai!» gli disse con sorriso materno.
Lui la fissò perplesso. «Bagnarmi? Non c’è acqua qui.»
Giorgia Simoncelli
Questo racconto fa parte di una serie di fiabe che l’autore ha scritto per una scuola elementare.
L’ispirazione della fiaba l’hanno data i bambini stessi.
Il drago e il serpente, ovvero una diversa genesi
Nascosta fra le crepe di una montagna, in un’insenatura piccolissima, c’era una valle in cui il sole non tramontava mai. Si diceva che tale incantesimo fosse dovuto agli alberi lì presenti, che erano dipinti di ogni colore: giallo, blu, rosso, verde. Le loro foglie erano come le tempere di un pittore e, quando un soffio di vento le spruzzava nel cielo, un carnevale variopinto si librava nell’aria, addobbandola a festa.
Luca Bianchi
È bastata la traccia di un contest a far immaginare all’autrice le disavventure di un vagabondo nel deserto. Il finale? Una inevitabile conclusione.
L’unico sopravvissuto, ovvero in cerca di Calvino
Sabbia. Vedi solo sabbia intorno a te e trovare un punto di
riferimento è ormai impossibile. Ti sei perso.
Ti chiedi perché. Unico sopravvissuto di un disastro aereo, per cosa?
Vagare per giorni nel deserto sconfinato? Senza cibo né acqua, né una qualche tipo di protezione? Solo tu su duecentottantasette passeggeri.
Perché?
Romana Francesca Dimaggio
Questo racconto prende spunto da documenti d’archivio di fine Settecento.
Si accennava a una somara uccisa con un coltello, […] così ho scritto il racconto che spero commuoverà.
La morte della somara Berta, ovvero un sordo mutismo di cordoglio
Qui a Ripa del Ciano si racconta che Mimì avesse dieci anni quando morì la somara Berta che tanto aiuto offriva alla sua famiglia di boscaioli.
Accadde in luglio, al tempo del grano che va a maturare inondando di luce le montagne brulle a sud della Serpentina.
I genitori di Mimì, oltre al modesto caseggiato che possedevano in paese, gestivano una segheria in prossimità di quei campi radiosi, poco distanti dalla selva comunale. Era l’unico bosco esistente da cui loro soltanto, per antica consuetudine, potevano ricavarne legna da ardere e vendere.
Luca Lancioni
È possibile scrivere un intero libro in modo che giunti all’ultima frase il significato del romanzo cambi completamente?
L’autrice ha risposto curiosamente alla domanda.
Chi la dura la vince, ovvero piccole lezioni di stalking
Era una dura vita, la mia.
Ultimo di quattro fratelli, più piccolo e decisamente meno robusto di quanto la fortuna genetica avesse favorito gli altri, bastò la prima affannosa boccata d’aria a suggerirmi che la mia esistenza non sarebbe stata cosa semplice.
Non avevo né l’avvenenza, né la forza e di certo non l’intelligenza degli altri e, manco a dirlo, neanche i miei genitori sembrarono provare fin dai primi attimi grande simpatia per me.
Corinna Corti
Telegrafico e conciso, Adriano ci svela in due parole l’anima del racconto:
Beh… Mi piace spaccare le cose.
Quel buco nella porta, ovvero l’irruzione del retroscena nella ribalta
Il giorno che i genitori di mio cugino si separarono, pensai a quel buco nella porta del bagno. Un buco sul quale, fin dalla prima volta che era apparso, scherzavano, ridevano, ma si vedeva che c’era disagio nel fondo dei loro occhi, un disagio che provavano a nascondere.
Anche i miei genitori sorvolavano. Ma quel buco aveva la forma perfetta del pugno di mio zio. Un uomo di un metro e ottantacinque, dai riccioli neri, folti, la pelle leggermente olivastra come un modello uscito da uno spot di Dolce&Gabbana, le guance tirate ma che sapevano sciogliersi all’occasione in un modo di ridere coinvolgente.
Adriano Giotti
Tempo fa c’era questa bella ragazza che viaggiava spesso in treno con me. Un giorno ho preso coraggio e mi sono fatto avanti.
Il lieto fine è tutto nel Coriandolo di Paquito.
Olélé! Moliba makasi, ovvero la sua ninna nanna
«Oltre quel cancello cosa c’è?» chiede la ragazza sfiorando il finestrino con l’indice.
Il treno si ferma. I passeggeri salgono. Le iridi verdi di lui si spostano dal profilo della ragazza al finestrino.
«Il museo dei treni» risponde. «Il primo tratto ferroviario in Italia collegò Napoli a Portici. All’interno c’è la riproduzione della carrozza che ospitò Ferdinando di Borbone.»
«Come fai a saperlo?» sorride la ragazza. «Sei proprio un studente modello.»
Lui replica con una smorfia divertita. Vorrebbe farle notare l’errore. “Uno studente”, avrebbe puntualizzato altrove. Qui no. Qui fa finta di niente.
«Adesso tocca a te» riprende la giovane. «Fammi una domanda.»
Paquito Catanzaro
Che si tratti d’insonnia o di realtà, per l’autrice sono sempre valide fonti d’ispirazione per racconti d’impatto come questo Ventaglio.
Amica minore, ovvero un piccolo viaggio astrale
Non so chi fra voi conosca la costellazione dell’Amica Minore. È quella di cui fanno parte molte stelle dimenticate, cadute nell’oblio. Tralasciate. Anche io probabilmente, se mi perdonate la presunzione di credermi una stella.
Se devo esser sincera, confesserò che per molto tempo ho osato essere ancor più superba, pensando addirittura di appartenere alla ben più rilevante costellazione dell’Amica Maggiore.
Fé Raboli
L’autore prende molte cose alla lettera, o guarda troppa cronaca nera (?)
Dall’associazione a crimini efferati alla purezza dei piccoli gesti quotidiani. Salutiamo tutti!
Duilio salutava tutti, ovvero fino all’ultimo saluto
Salutare, per Duilio, non era solo una questione di educazione, era davvero convinto che anche un minimo cenno del capo o un occhiolino potessero cambiare la giornata di chi li riceveva.
Sbracciato, timido, strillato, sussurrato, che si tratti di un buongiorno, di un fischio o di un sorriso, non importa in fondo quanto ci si conosca, un saluto più o meno distinto ci rende diversi dalle statue.
Si dice inoltre che, per galateo, sia obbligatorio rispondere ai saluti, ma a Duilio non importava di essere corrisposto, sapeva che ormai tutti si aspettavano almeno un “ciao” da lui e non voleva deludere nessuno, neanche quelli che non lo avevano mai degnato di uno sguardo.
Teo Meriggi
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